Vincenzo Altamura (M45, della Società Idea Events Marathon Siracusa) ha preso parte lo scorso 17 giugno 2012 alla 6^ edizione della Supermaratona dell'Etna. E' stata per lui - già finisher dell'edizione 2008 - una dura esperienza, poiché per la prima volta - dopo otto anni di podismo amatoriale - ha dovuto ritirarsi, per motivi solo in parte legati alla sua volontà e in gran parte connessi alle "ristrettezze" del tempo massimo concesso per il completamento della distanza e ad un'applicazione rigida di tale tempo da parte degli organizzatori.
Ecco di seguito il suo racconto.
(Vincenzo Altamura) Non mi era ancora capitato in otto anni di running amatoriale di ritirarmi durante una gara. Purtroppo c’é sempre una prima volta e questa finisce con il diventare un ritiro amarissimo, soprattutto se ti viene imposto dagli organizzatori.
Subentra un senso di ribellione. Ma dopo, con i piedi per terra, accetti consapevolmente l’azione.
Avevo deciso di non scrivere i miei pensieri su questa dura salitona, ma - a distanza di 40 giorni dall’evento - ho dovuto cambiare opinione.
Evento. La Supermaratona dell'Etna è davvero un grande evento.
Perchè ci si confronto, come dice Elena Cifali, ci si confronta Sua Maestà l’Etna. Ogni gara, di qualunque distanza, ha un suo fascino.
La Supermaratona dell’Etna sulla distanza di di 43,150 km e con i suoi 3000 metri di D+ è probabilmente in Italia la massima espressione di difficoltà e sforzo sovrumano richiesto.
La si rappresenta meglio se viene descritta con una carrellata sui volti sconvolti di tutti i runner in arrivo al traguardo.
Poi, gli ultimi hanno un doppio sguardo, che è assieme di sofferenza e gioia.
Non si capisce bene quale dei due stati d'animo prevalga, ma di certo vige il motto “E' finita”.
Ma veniamo a noi.
Avevo programmato di correre questa nuova esperienza da questo inverno, ed era in lista subito dopo la 100 km del Passatore. Ho coinvolto il dott. Di Stefano Corrado, reduce della 24 ore del Sole e con mia gradita sorpresa ha accettato. Per l’etna non basta aver tanto fiato o tanti lunghi ma ho sempre creduto che ci vuole pochissima testa ma tanta e dico tanta forza nella spinta delle gambe.
Inoltre l’esperienza del 2008 mi ha obbligato a prevenire con opportuni accorgimenti i crampi sempre in agguato.
E’ sabato, arriviamo a Marina di Cottone (CT) di buon’ora.
La giornata è già calda e non vedo nulla di promettente.
Via via arrivano i runner e li trovo ben equipaggiati e atleticamente in forma, tutti scalpitanti con l’ascia di guerra.
Forse parto già sconfitto?
Vedremo.
Ritrovo vecchi amici, tra i quali l’onnipresente Santo Monaco e la mitica Elena, pronta a immatricolare l’evento a modo suo.
Arriva Calcaterra e già l’aria si surriscalda.
Siamo tutti pronti sulla sabbia, un minuto di silenzio e finalmente lo sparo.
Via! Non c’e’ la calca e assieme ai pochi altri che chiudono la fila, evitiamo di far entrare sabbia nelle scarpe.
Altro che corsa! Sembra una sfilata di moda...
Parto piano senza forzare e, inevitabilmente, si forma - accanto a me - un gruppetto di sostenitori del risparmio energetico.
Per andatura e scambio di opinioni sembra di correre un’ultra di 100 km.
Primissime salite poco impegnative e si arriva al paese di Piedimonte Etneo.
Tutti ci aspettano e lo speakeraggio fatto dal Sindaco ci stordisce.
L’aria calda inizia ad aumentare e meno male che le fontane siano presenti lungo il percorso.
Spuntano anche punti acqua estemporanei con manicotti o tubi di gomma: una vera e propria panacea per addolcire le nostre sudate e attenuare quelle venture.
Oltrepassiamo il paese e ci ritroviamo in prossimità dell’autostrada.
Da quel punto in poi si incomincia a salire per Linguaglossa e l’Etna prende a dettare con autorevolezza i suoi tempi.
In salita incrocio un runner che mi è familiare e ci presentiamo.
E’ proprio lui l’Ultra Sciarratta.
Strano luogo di incontro, ma si tratta di un incontro che è, comunque, nella norma perché dicono che tutti i corridori sono dei matti.
Lo lascio andare: si vede bene che è piu’ in forma di me e affronta la salita come un ventenne.
Le ultime salite e, finalmente, il paese.
Si percorre un buon rettilineo e si passa davanti al traguardo volante.
Senza essercene resi conto siamo già al km 15.
Stessa scenografia del 2008.
Ci salutano in tanti, presenti sul marciapiede.
Ritrovo anche il "tunnel della felicità" con un gettito continuo di acqua rinfrescante. Preferisco non bagnarmi e mi allontano.
All’uscita del paese trovo un ristoro sul lato destro della strada.
Non mi fermo, ma questa mia decisione si rivelerà un errore grave.
Inizia quindi la lunga salita che ci porterà al km 33 al Rifugio Provenzano.
L’andamento è piano e costante, ma il caldo risulta ora insopportabile.
Mi sorpassa Salvatore Crudo, amico di corsa di Elena Cifali, che mi chiede se è tutto a posto.
Rispondo di sì al momento.
Si va avanti, ma avverto che qualcosa non va.
Sono sprovvisto di cappello e di una maglietta a manica corta.
Con la canotta e senza crema Il sole inizia a farmi bruciare la pelle delle parti scoperte e, inevitabilmente, mi ritroverò con ustioni di primo grado.
Errore imperdonabile non aver pensato a degli accorgimenti appropriati. Bocciato.
Pru avendo con me una bottiglietta di acqua per le bevute estemporanee, al km 21 circa mi blocco, sentendomi spossato, con le gambe inchiodate sull’asfalto e le mosche tutt’intorno che fanno festa.
Lì per lì, ho pensato di ritirarmi, rendendomi conto di non avere più energie e soprattutto concentrazione.
Rimpiango il ristoro precedente che ho snobbato.
Intanto, gli ultra non desistono mai e - come al solito - si cerca di ripartire.
In tanti mi sorpassano e non riesco a stare al loro passo.
Perdo molto tempo, ma sono fiducioso di potercela fare.
Insistendo, riesco ad arrivare al km 25 circa dove é presente il famosissimo ristoro del Rifugio Ragabo.
Il tempo di mangiare qualcosa ed ecco che mi rianimo e tornano le forze, sicché mi sento pronto a continuare.
Nel frattempo mi raggiunge l’amico Di Stefano che è stupito nel vedermi.
Gli spiego la situazione e mi invita a seguirlo. L'ho esortato ad andare avanti senza fermarsi e che ci saremmo rivisti al Rifugio Provenzano.
Riparto, consapevole di arrivare fino in fondo.
Sono al km 27 circa e si ferma un camioncino della forestale. ne esce un operatore e con mio grande stupore rimuove il cartello distanziometrico e prosegue la corsa piu’ avanti per ritirare il successivo.Non ci posso credere! Se l’ha fatto, ciò significa forse che sono l’ultimo?
No non è così: ci sono altri che mi raggiungono.
Allora non capisco tutta questa fretta.
Gli ultimi chilometri prima dell’arrivo al km 33 sono molto tosti, ma li supero senza problemi.
Anche qua, un lungo rettilineo prima del rilevamento intermedio.
Provo a passare ma mi bloccano: “Fuori tempo! - mi dicono - Secondo il regolamento lei è oltre il tempo consentito e quindi non puo’ salire”.
Accetto il verdetto, mentre altri runner incominciano a surriscaldarsi, perché ritengono che non sia giusto, che il regolamento dava 6 ore come tempo massimo, senza peraltro parlare di "porte cronometriche".
Tutti erano innervositi e anche il giudice.
Io no. Faccio dietro front e vado verso la tenda cambio abiti che, stranamente, era posizionata 100 metri prima dell’intermedio. Arriva in quel momento anche il Di Stefano pronto per salire (si era nel frattempo cambiato), ma l’amara sorpresa gli lascia un senso di dispiacere.
Senza alcun dubbio se ci avessero lasciati andare avremmo avuto qualche possibilità di concludere in tempo perché noi “ultra” stranamente, dopo un momento di pausa, ricominciamo a correre da zero come se non avessimo affatto corso e faticato fino a quel momento.
Le fantastiche ciliegie e le pesche dell’Etna ci hanno addolcito la bocca.
Il ristoro è stato gradevolissimo.
Prima di ritornare a valle con il pullman ho avuto il piacere di rivedere e salutare il Big Calcaterra. Mi è sembrato che si volesse scusare per aver chiuso in 2° posizione dando colpa alla società aerea Wing Jet che gli ha tolto ore di sonno.
La realtà è diversa.
L’Etna - Sua Maestà - non perdona.
Concludo dicendo che è stata una bellissima gara di forza, da rifare il prossimo anno, ma con qualche allenamento specifico per la salita, visto che a Siracusa esistono solo strade pianeggianti.
Di Stefano, caro amico tapascione di corsa, è sempre fiducioso per il prossimo anno e sin da adesso si propone di ritentare la scalata, perché non capita tutti i giorni di essere premiati con una bellissima medaglia a 3000 m. di quota.
Una cosa davvero unica nel suo genere.